quando ho letto questo post sul Blog di Giovanni ho provato forti emozioni, ho avuto un moto di rabbia profonda, e poi ho guardato il mio blog, così ridanciano, così in contrasto col suo...e ho pensato a quanto fosse futile la lotta che i Marcianò intraprendono, distogliendo lo sguardo da ciò che realmente ci crea problemi, da ciò che realmente è reale.
vi lascio alla lettura, in fondo troverete il link per lasciare i commenti, preferirei lo faceste da lui se ve la sentite. Grazie a tutti
“Scrivere, scrivere, scrivere ancora, ora la guerra paura non fa”. Parafrasando una canzone di Vecchioni, sembrerebbe l’antitesi perfetta di una storia che è alla ribalta da un paio d’anni. Ma Roberto Vecchioni sta nella sua Milano e da San Siro a Samarcanda passano un migliaio di chilometri e una trentina di miliardi di euro. Questa associazione di idee mi riporta a ieri sera. Solitamente non guardo la TV fino a tardi, la mattina mi alzo alle 5.50 per andare al lavoro e soffro maledettamente il sonno, e soprattutto non guardo le pseudo tribune politiche - show come Matrix e Porta a Porta. Ma ieri da Mentana c’era un ragazzo poco più grande di me, che potrebbe tranquillamente essere un mio compagno d’università, un collega di lavoro, un amico con cui uscire il sabato sera e parlare del più e del meno davanti ad una birra gelata. Finii di leggere “Gomorra” qualche mese fa e durante tutta la lettura, pagina per pagina, mi prese un senso di nausea “fisico”, che parte dallo stomaco e rimbalza nel cuore come una sventagliata di Kalashnikov. Tutti sapevano (e sanno) che la Campania è la terra di Gomorra. Tanti sanno che Gomorra è qualcosa di pù che chiedere il pizzo alla pescheria, commerciare la cocaina e sparare al rappresentante del clan rivale. Pochi immaginano che le mafie sono la prima industria italiana, con un fatturato annuo doppio di quello della FIAT. E’ proprio quell’enorme differenza tra il porsi in una posizione di AntiStato e l’imprenditorialità nuda e cruda. Con e senza stato. E’ come se in una città ci fosse un’unica grande fabbrica. Tutti gli abitanti andrebbero a lavorare là, per avere uno stipendio. Non c’è alternativa. E’ inutile per certi versi inviare un migliaio di soldati in giro per Casal di Principe, quando la partita si gioca negli uffici finanziari, nelle banche e nelle betoniere di un centro commerciale in costruzione. Puoi arrestare 100 latitanti, ma non riuscirai mai a non permettere a tutti e 100 di gestire gli affari dal carcere. E’ una pura questione di soldi, cercare di bloccare il passaggio da “sporco” a “riciclato” e infine “investito in opere pulite”. L’esercito può dare un minimo di sicurezza e un segno di presenza, come dire “guardate che lo stato sta facendo qualcosa per voi”. Ma la partita da giocare sta in altri campi. Sta nel trovare un’alternativa che non permetta ai ragazzi di dire “Che gli abbiamo fatto a Saviano, mica gli abbiamo ammazzato qualcuno”, o “La camorra c’è sempre stata” e tante frasi simili. Sta nel reinvestire veramente gli asset sequestrati ai clan in opere di utilità futura. Nell’innescare un processo inverso, ma sempre che lo stato voglia farlo, e che abbia il coraggio di uccidere un’industria che alla fine della fiera fa muovere miliardi di capitali e grandi marche, e sostituirla con una nuova di zecca che dia un minimo di umanità ad una terra martoriata. L’Italia vuole veramente questo? Ora, io non sono nessuno, non giro in motorino per Casale, non leggo gli atti giudiziari e non vivo sotto scorta. Non ho sulla mia testa un piano per essere ammazzato. Non ho scritto libri. E me la faccio sotto al solo pensiero di sentire una pistola sparare. Vorrei soltanto dare la mia solidarietà attraverso una piccola pagina di questo microscopico blog, e cercare di prendere esempio da persone del genere. A differenza di chi vede in Sandokan o in Ciruzzo ‘o milionario dei miti da seguire belli e coraggiosi, quando in realtà sparano alle spalle o vivono come topi. Il coraggio sta da un’altra parte, dalla parte di tutti quelli che vivono con i poliziotti attaccati al sedere e di chi vorrebbe un paese diverso. Roberto, se vai via hanno vinto loro. E pensandoci bene, quando questa gente inizia a sparare a destra e a manca vuol dire che sotto sotto è alle corde. Paradossalmente è più pericolosa quando non si sente volare una mosca (e in questo momento la Sicilia mi preoccupa molto), perchè vuol dire che gli affari vanno a gonfie vele. Sei in vantaggio, Roberto. Perchè come disse qualcuno “Bene o male, l’importante è che se ne parli”, la sfida è non smettere mai di parlarne e non entrare mai nell’oblìo delle notizie dell’altro ieri già dimenticate. Non restare soli, ma avere sempre un “Repubblica” o un “Matrix” che tenga alta la tensione agonistica della partita. Solo così puoi mettere all’angolo i due avversari principali: ‘O sistema e IL sistema.
vi lascio alla lettura, in fondo troverete il link per lasciare i commenti, preferirei lo faceste da lui se ve la sentite. Grazie a tutti
“Scrivere, scrivere, scrivere ancora, ora la guerra paura non fa”. Parafrasando una canzone di Vecchioni, sembrerebbe l’antitesi perfetta di una storia che è alla ribalta da un paio d’anni. Ma Roberto Vecchioni sta nella sua Milano e da San Siro a Samarcanda passano un migliaio di chilometri e una trentina di miliardi di euro. Questa associazione di idee mi riporta a ieri sera. Solitamente non guardo la TV fino a tardi, la mattina mi alzo alle 5.50 per andare al lavoro e soffro maledettamente il sonno, e soprattutto non guardo le pseudo tribune politiche - show come Matrix e Porta a Porta. Ma ieri da Mentana c’era un ragazzo poco più grande di me, che potrebbe tranquillamente essere un mio compagno d’università, un collega di lavoro, un amico con cui uscire il sabato sera e parlare del più e del meno davanti ad una birra gelata. Finii di leggere “Gomorra” qualche mese fa e durante tutta la lettura, pagina per pagina, mi prese un senso di nausea “fisico”, che parte dallo stomaco e rimbalza nel cuore come una sventagliata di Kalashnikov. Tutti sapevano (e sanno) che la Campania è la terra di Gomorra. Tanti sanno che Gomorra è qualcosa di pù che chiedere il pizzo alla pescheria, commerciare la cocaina e sparare al rappresentante del clan rivale. Pochi immaginano che le mafie sono la prima industria italiana, con un fatturato annuo doppio di quello della FIAT. E’ proprio quell’enorme differenza tra il porsi in una posizione di AntiStato e l’imprenditorialità nuda e cruda. Con e senza stato. E’ come se in una città ci fosse un’unica grande fabbrica. Tutti gli abitanti andrebbero a lavorare là, per avere uno stipendio. Non c’è alternativa. E’ inutile per certi versi inviare un migliaio di soldati in giro per Casal di Principe, quando la partita si gioca negli uffici finanziari, nelle banche e nelle betoniere di un centro commerciale in costruzione. Puoi arrestare 100 latitanti, ma non riuscirai mai a non permettere a tutti e 100 di gestire gli affari dal carcere. E’ una pura questione di soldi, cercare di bloccare il passaggio da “sporco” a “riciclato” e infine “investito in opere pulite”. L’esercito può dare un minimo di sicurezza e un segno di presenza, come dire “guardate che lo stato sta facendo qualcosa per voi”. Ma la partita da giocare sta in altri campi. Sta nel trovare un’alternativa che non permetta ai ragazzi di dire “Che gli abbiamo fatto a Saviano, mica gli abbiamo ammazzato qualcuno”, o “La camorra c’è sempre stata” e tante frasi simili. Sta nel reinvestire veramente gli asset sequestrati ai clan in opere di utilità futura. Nell’innescare un processo inverso, ma sempre che lo stato voglia farlo, e che abbia il coraggio di uccidere un’industria che alla fine della fiera fa muovere miliardi di capitali e grandi marche, e sostituirla con una nuova di zecca che dia un minimo di umanità ad una terra martoriata. L’Italia vuole veramente questo? Ora, io non sono nessuno, non giro in motorino per Casale, non leggo gli atti giudiziari e non vivo sotto scorta. Non ho sulla mia testa un piano per essere ammazzato. Non ho scritto libri. E me la faccio sotto al solo pensiero di sentire una pistola sparare. Vorrei soltanto dare la mia solidarietà attraverso una piccola pagina di questo microscopico blog, e cercare di prendere esempio da persone del genere. A differenza di chi vede in Sandokan o in Ciruzzo ‘o milionario dei miti da seguire belli e coraggiosi, quando in realtà sparano alle spalle o vivono come topi. Il coraggio sta da un’altra parte, dalla parte di tutti quelli che vivono con i poliziotti attaccati al sedere e di chi vorrebbe un paese diverso. Roberto, se vai via hanno vinto loro. E pensandoci bene, quando questa gente inizia a sparare a destra e a manca vuol dire che sotto sotto è alle corde. Paradossalmente è più pericolosa quando non si sente volare una mosca (e in questo momento la Sicilia mi preoccupa molto), perchè vuol dire che gli affari vanno a gonfie vele. Sei in vantaggio, Roberto. Perchè come disse qualcuno “Bene o male, l’importante è che se ne parli”, la sfida è non smettere mai di parlarne e non entrare mai nell’oblìo delle notizie dell’altro ieri già dimenticate. Non restare soli, ma avere sempre un “Repubblica” o un “Matrix” che tenga alta la tensione agonistica della partita. Solo così puoi mettere all’angolo i due avversari principali: ‘O sistema e IL sistema.
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